Semplici
confidenze, nulla di più. Amabili intimità tra donne sotto il cielo
di Ain-Karim, nelle vicinanze di Hebron: terra di sepoltura per
Abramo e Sara, Isacco, Rebecca e Lia. Fuori della casa il vociare
confuso della gente che spettegola, dentro la festa del
cuore: "L'anima mia magnifica il Signore (...) perché ha
guardato l'umiltà della sua serva" (Lc 1,47-48). Che poi è
come dire: "Pensa te, cugina: Dio s'è invaghito/ha perso la
testa per la mia semplicità".
Nemmeno
Maria forse si capacitava di quello sguardo: "pensa: mi ha
guardata, si è accorto di me. Lui, la bellezza", senti quasi il
batticuore di donna nel mentre lo confida: manca il respiro, la terra
da sotto i piedi. Un giorno Lui - che adesso è lì, partoriente
dentro di Lei - nel piccolo scruterà l'immenso: i due spiccioli
della vedova, il vasetto di alabastro della peccatrice, le reti vuote
dei pescatori, le membra infiacchite dei paralitici, un cuore
addolorato a Nain.
Da
qualcuno avrà pure imparato: "Elisabetta, Dio s'è invaghito
della mia semplicità. Capisci".
Un giorno la
chiameranno beata quella donna Nazarena, così beata che
attorno a Lei nasceranno le più belle orazioni recitate dal popolo
di suo Figlio: il Magnificat, l'Ave, il Gloria di
Betlemme, il Cantico di Simeone. Il rosario dei semplici,
cioè della sua stirpe. Della sua discendenza.
Sembra
quasi di vederla Maria: come un fiume che sbeffeggia gli argini, come
una brocca che trabocca d'acqua. E di grazia: parola di Gabriele,
l'Arcangelo.
Tutto vorrebbe raccontare alla cugina: quello sguardo è
un giogo soave da spartirsi. Le dice che è fortunata ma lo
dice facendo in modo che la cugina non si senta umiliata, le racconta
la sua predilezione senza farla sentire straniera alla gioia: "Grandi
cose ha fatto in me l'Onnipotente".
E' l'urgenza di una
confidenza che è nello stesso tempo anticipo: "si, sono stata
fortunata/beata!"
Un
anticipo di simpatia a disposizione dell'umanità: "La sua
misericordia si stende su quelli che lo temono"(Lc 1,50). Chissà
se Le è sfuggito a causa della troppa foga o se voleva per davvero
svelarlo quell'arcano che ha fatto impazzire i secoli e sgolare i
profeti. Somiglia Maria a quelle piccole donne (che si credono
grandi, loro) che - per essere magari spose/amanti di un famoso
giornalista - un giorno svelano all'amica del cuore: "non lo
dire a nessuno, ma ti anticipo che domani uscirà una notizia bomba".
Somiglia solamente, ma è di tutt'altra fattezza la donna di
Nazareth: "Elisabetta, ti anticipo che ci saranno giorni di
misericordia. Li sento, ne fiuto le traiettorie, ne annuso il
profumo".
Sembra
quasi frastornata Elisabetta: in pochi attimi la cugina ha aperto i
rubinetti della storia, ha allagato la sua normale ferialità, ha
quasi fatto passare in secondo piano l'inedito di quella maternità
strappata alla sua vecchiaia. E Maria sembra accorgersene: cambia il
registro, allenta la morsa come per dire: "non è merito mio,
però, cugina. E' Lui che è generoso". Dieci volte glielo
ripete, per non dimenticare: "(E' Lui) che ha mi ha guardata,
che ha fatto, che ha spiegato il braccio, che ha disperso, che ha
rovesciato, che ha innalzato, che ha ricolmato, che ha rimandato, che
ha soccorso, che si ricordato". Affidabile Maria: ha creato
la suspence con il suo gaudio meravigliato di
donna guardata e poi s'è tirata in disparte per fare posto
all'Eterno: "non io, Elisabetta, ma Dio".
Forse
Elisabetta vorrebbe dirglielo alla cugina, ma teme d'essere
importuna. Pesa le parole, organizza la sua critica, apre i battenti
del suo pensare: "Maria, cugina mia, hai perso il senso della
misura". Come darle torto? Basterebbe gettare lo sguardo appena
fuori dalla finestra e anche Maria se ne accorgerebbe: i potenti sono
ancora sui loro troni e gli umili nelle catapecchie, i ricchi hanno
ancora le mani piene mentre gli affamati sono a corto di speranza,
Israele è ancora una terra/non terra mentre i suoi nemici non
cessano d'esultare.
Dove, Maria, sta succedendo questo: diccelo per
favore! Altrimenti saranno in tanti a poter dire: "quando uno è
innamorato non capisce più niente".
Non
è ingenua Maria; e nemmeno ha mai preso le distanze dai vicini di
casa. Maria è consapevole che ciò che lei vede non c'è ancora: è
per questo che è corsa di fretta da Elisabetta. Per
confidarle l'inaudito, per guardare assieme, per dare un Nome alla
speranza: "me l'ha promesso, come aveva detto ai nostri padri,
attraverso la storia di Abramo e della sua discendenza". E'
l'inaudito che diventa storia, l'inaspettato che diventa coinquilino,
l'inimmaginabile che diviene notorio: "eccola qui cugina: senti
che mani ha la promessa. Non senti i piedini che battono, il battito
del cuore, il respiro silenzioso. Capisci, Elisabetta: qui dentro c'è
Dio che sta nascendo".
Elisabetta
poggia la sua mano nel grembo della cugina: le mani tremano e la voce
s'affievolisce. Anche Maria poggia le mani sul ventre della cugina.
E' più gonfio, sarà un maschio pure lui, e saranno voci accordate
tra di loro: "Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta
ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo" (Lc
1,44). Nel loro incontro, un altro incontro: ogni viaggio è un
preludio di ciò che s'incontrerà.
Tre
mesi ci impiegò Maria a svuotare il cuore: quasi una stagione,
quella della primavera, da aprile a giugno. La stagione della
fioritura.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 1,39-45.In quei giorni, Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda.Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta.Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santoed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo.E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore».
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