E’ ancora vivo nei nostri cuori il
ricordo di quanto, ogni anno, avviene all'inizio della
grande veglia pasquale: dopo aver benedetto il fuoco nuovo, il
celebrante o il diacono entrano in chiesa, completamente al buio,
portando il cero pasquale acceso a quel fuoco e proclamando per tre
volte: “La luce di Cristo!”; è bello quando quella luce
si fa avanti alle porte della chiesa e ai nostri occhi, che si sono
abituati al buio, appare come fiamma viva che inizia a dipanare le
ombre, a delineare i volti delle persone a cui si avvicina; poi, la
luce del cero si ferma per la seconda volta…dalla sua fiamma
iniziano ad accendersi le fiamme delle candele che ognuno tiene tra
le mani e ognuna di queste fiammelle da forma a ciascun volto,
scolpisce, come un abile scultore, i corpi di ogni persona e tutte le
cose che vi stanno intorno; infine, alla terza invocazione, ecco
illuminarsi tutta la chiesa, le tenebre si dissolvono, tutto appare
chiaro e inizia il canto solenne dell’Exultet…è
l’annuncio della Pasqua…”lo splendore del Re ha vinto le
tenebre!”.
Quel breve percorso che il cero
pasquale, simbolo di Cristo, compie dal fondo della chiesa al
presbiterio durante la Veglia pasquale potremmo paragonarlo al
percorso, forse più articolato e complesso, che Dio compie nelle
nostre vite, nei nostri cuori per portarci alla luce del suo Amore.
Infatti, Dio non fa entrare la sua luce
nei nostri cuori in modo “violento”,
come quando, entrando in una stanza buia, viene accesa la luce, ma vi
entra gradualmente, passo dopo passo, scolpendo pian piano le tenebre
che avvolgono il nostro cuore; come la flebile fiamma del
cero pasquale, nella Veglia pasquale, all'ingresso della
chiesa, comincia a dare forma ai visi e alle cose, così,
entrando nella nostra vita, Dio comincia a plasmarla, a darle
forma, a rendere chiaro ciò a cui ognuno è chiamato; Dio comincia a
dipanare le tenebre del peccato per portare alla luce i lineamenti
del suo Amore…ci rende chiara la meta, ci fa gustare la Verità, la
vocazione a cui orientare la nostra vita.
C’è un
momento, nella vita, in cui il cuore di ognuno viene avvolto dalle
tenebre perché si trova nel buio del peccato, perché ci sono ferite
aperte che stanno oscurando la nostra Fede, la nostra Speranza,
perché lasciamo che i nostri problemi, le nostre difficoltà
offuschino i nostri sogni, i nostri progetti. Se
ognuno di noi, però, accoglie nel proprio cuore la luce di Cristo,
tutta la vita si illumina di una luce nuova…una
luce che rende più luminosa ogni nostra azione…una luce che si
accende alla lampada della Misericordia…una luce che si alimenta
con l’olio del Perdono…una luce che trasmette la propria forza,
il proprio calore anche a chi incontriamo…una luce che “contagia”,
una luce che si diffonde e dona vita perché in essa la vita prende
vigore, si desta dalle tenebre del peccato, delle ferite, degli
errori.
Allora, ha proprio ragione S. Francesco
nel collocare la Luce nella “Preghiera semplice” come
strumento di Misericordia e di Pace: portare la luce dove vi sono le
tenebre significa permettere che Dio faccia breccia nella vita di
ognuno con la Luce del suo Amore.
Quando il nostro
cuore viene inondato dalla luce dell’Amore, diventa esso stesso
fonte di luce per gli altri. Così,
portare la luce significa donare vita…perché
Dio ci dona la luce della vita; portare la luce significa donare
Speranza…perché Dio ci dona la luce della Speranza; portare la
luce significa donare Pace…perché Dio ci dona la luce della Pace;
portare la luce significa donare Misericordia…perché Dio ci dona
la luce della Misericordia; portare la luce significa donare
Amore…perché Dio ci dona la luce dell’Amore.
Paolo

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