Ho
sempre ammirato la perfezione quasi fotografica dei dipinti
fiamminghi del XV e XVI secolo; di questi dipinti, in particolare, mi
ha sempre colpito la minuziosa descrizione che gli autori fanno delle
scene raffigurate: ogni particolare, ogni oggetto raffigurato ci
parla e ci racconta qualcosa della vita dei personaggi che vengono
dipinti.
Allo
stesso modo, mi piace immaginare S. Francesco che, con pennello e
tavolozza, si mette a dipingere il ritratto di Maria Vergine: nella
preghiera “Saluto alla Vergine”, Francesco
ritrae la Vergine attraverso sei sostantivi, sei parole che, quasi
come nelle cinquecentesche tele fiamminghe, ci raccontano e ci
descrivono lo splendore della figura di Maria santissima.
“Ave,
suo palazzo”, ci
racconta del modo in cui Maria si è fatta custode del Mistero di Dio
fatto uomo. Maria è diventata baluardo, fortezza di un Mistero che
era più grande di Lei ma di cui proprio Lei diventa custode
affidandosi totalmente alla volontà di Dio padre. Sull’esempio di
Maria, anche noi, oggi, possiamo essere “suo palazzo” quando
custodiamo nel profondo del nostro cuore l’insondabilità di un
Mistero che, ogni giorno, si fa carne e si rivela nella nostra vita
giorno dopo giorno.
“Ave,
suo tabernacolo”, ci
richiama all’Eucarestia, al corpo di Cristo donato, offerto per
salvarci dai nostri peccati. Dio, attraverso l’azione dello Spirito
Santo, ha trasformato Maria in un “tabernacolo” aperto nel
donarci il corpo di Cristo crocifisso per salvarci e renderci
fratelli, figli ed eredi di Dio padre. Maria ci insegna la Comunione
perché è in Lei, “suo tabernacolo”, che possiamo trovare e
contemplare il “pane di vita” spezzato e condiviso per la nostra
salvezza. Allora, anche noi, come Maria, possiamo diventare “suo
tabernacolo” ogni volta che ci facciamo promotori di comunione
verso i nostri fratelli nella condivisione, nel dono e nel sacrificio
di noi stessi, sull’esempio di Gesù che ha sacrificato se stesso
per noi.
“Ave,
sua casa”, ci
parla di famiglia, di amore fraterno. Maria è “casa” perché,
tra le sue braccia, possiamo riscoprire l’Amore di Dio padre che
accoglie, che perdona, che dona misericordia. Attraverso Maria,
arriviamo al Padre: Ella intercede per noi perché conosce l’Amore
infinito di Dio che non ci abbandona mai. Quando accogliamo il
prossimo come nostro fratello, quando perdoniamo, quando usiamo
misericordia, allora, come Maria, possiamo diventare “casa” di
Dio.
“Ave,
suo vestimento”, ci
mostra la Bellezza. Maria è “vestimento” di Dio perché in lei
possiamo vedere la bellezza dello splendore dell’Amore divino.
Maria, con il suo sì all’annuncio dell’Angelo, nella sua
obbedienza a Dio, non solo ha permesso allo Spirito Santo di generare
in lei Gesù, ma si è anche lasciata trasformare dalla potenza
divina che l’ha resa specchio perfetto della bellezza di Dio, dello
splendore del Suo Amore. Maria è la “tutta bella”, è colei che
ci mostra ciò che siamo chiamati anche noi ad essere, ciò che
saremo quando contempleremo l’Amore di Dio. Anche noi possiamo
essere “vestimento” ogni volta che lasciamo operare Dio in noi,
lasciamo trasformare la nostra vita da Lui perché sia esempio di
autentica bellezza, perché sia splendente di quell’Amore che si fa
testimonianza ad ogni persona che incontriamo sul nostro cammino.
“Ave,
sua ancella”, ci
richiama al servizio. Maria è ancella umile e obbediente di fronte a
Dio … Lei che, con il suo “eccomi”, si è messa pienamente al
servizio del progetto di Amore di Dio. Maria ci insegna che servire è
il modo in cui si realizza in noi la chiamata di Dio all’Amore.
Ogni volta che ci mettiamo al servizio degli ultimi, dei più deboli
, di chi soffre, diventiamo servi/ancelle di quell’Amore che, ogni
giorno, Dio riversa su di noi; servire è la modalità che il Signore
ci offre per realizzare a pieno la nostra vita … è la modalità
che Gesù dalla croce affida a Maria: “Madre,
ecco tuo figlio” non
affida a Maria soltanto l’amato discepolo Giovanni, ma affida a
Maria tutta l’umanità per la quale Lei, umile ancella, si mette al
servizio intercedendo ogni giorno per noi presso il Padre,
indicandoci in ogni momento la via per soddisfare il nostro desiderio
di infinito, il nostro desiderio di eternità, il nostro desiderio di
Dio.
“Ave,
sua Madre”, infine,
raccoglie in sé tutto ciò che fin’ora è stato descritto. Maria è
madre perché ha generato Gesù, perché lo ha custodito come “suo
palazzo”, perché, “suo tabernacolo”, ha donato a noi il corpo
crocifisso del figlio, pane spezzato, nutrimento della nostra vita,
perché, nel suo abbraccio materno, ci rende familiari di Dio
mostrandoci il Suo Amore infinito, perché, come “suo vestimento”,
ci regala la bellezza che trasforma la nostra vita e la rende
feconda, perché, “sua ancella”, ci insegna che servire il
prossimo come un fratello è la modalità per realizzare a pieno la
nostra vita, per soddisfare a pieno il nostro bisogno di amore, il
nostro bisogno di Dio.
Il
ritratto di Maria è, così, terminato. Francesco, riposti pennello e
tavolozza, ci consegna questo bellissimo dipinto perché, guardando
in esso i lineamenti, i caratteri, le virtù di Maria, possiamo
vedere in Lei l’esempio più perfetto di ciò che l’Amore di Dio
può realizzare nella vita di ogni uomo. Spetta a noi rispondere,
come Maria: “Eccomi!”
(Paolo)
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