I racconti evangelici della
Risurrezione a prima vista ci sorprendono. Infatti un annuncio così
grande e strepitoso si consuma quasi nel silenzio e poche persone
hanno la grazia di vedere il Cristo risorto. Perché?
E’ la logica di Dio inaugurata
a Betlemme: dalla stalla alla croce, al sepolcro vuoto Dio rivela un
modo di procedere inspiegabile per l’orgoglio umano. Dio si
manifesta umile e paziente: egli non ama lo spettacolo, non cerca la
platea per esibirsi.
Dio si preoccupa di creare i
fatti e li mette dentro la storia del mondo come semi, che porteranno
frutto. La risurrezione di Cristo è “il fatto” per eccellenza
compiuto da Dio, il fatto attorno al quale gira la storia.
Qualcuno potrebbe obiettare: “Ma
a voi cristiani fa comodo dire così. Fa comodo dire che la
Risurrezione è un fatto vero, ma nascosto e discreto a motivo
dell’umiltà di Dio”. Le cose non stanno così. Infatti l’umiltà
di Dio, umanamente parlando, ci fa tutt'altro che comodo. Essa
nasce dal rispetto che Dio ha per la nostra libertà e dal desiderio
di coinvolgere ognuno di noi nella grande impresa del bene.
Infatti l’altra costante del
comportamento di Dio secondo la Bibbia è proprio questa: Dio ama
nascondersi per impegnare l’uomo. Il nascondimento di Dio allora è
incredibilmente scomodo per noi che crediamo in lui: infatti ci
coinvolge fino al sangue, ci impegna alla testimonianza
Apparendo agli undici apostoli
Gesù afferma: “Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e
risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno
predicate a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati…
Di questo voi sarete testimoni”.
Voi siete testimoni. Ma cos'è la testimonianza? E’ far vedere con la propria vita un mistero
invisibile agli occhi di chi non crede. Questa è la nostra missione
e questo è il nostro tormento. Il problema a questo punto si sposta
e diventa: come dare testimonianza alla risurrezione di Cristo?
Nietzsche, pensatore graffiante e
spesso quasi blasfemo, ha lanciato una sfida onestissima ai cristiani
quando ha detto: “Se Cristo è risorto, perché siete così tristi?
Voi non avete il volto di persone redente".
Ma come acquistare il volto e
soprattutto l’anima di persone redente?
La strada indicata dalle prime
due letture ed è tanto diversa da come noi potremmo pensarla.
Infatti s. Pietro e s. Giovanni parlano di pentimento dei peccati e
di cambiamento della vita.
Che c’entra tutto questo con la
risurrezione di Cristo?
Pensateci bene: per gustare la
speranza, bisogna aver sentito qualche volta la disperazione; per
apprezzare l’acqua, bisogna aver sete; per capire il valore della
salute bisogna ammalarsi. Così per capire la risurrezione di Cristo,
bisogna aver sentito odore di morte dentro di noi.
Infatti solo chi ha sentito la
povertà insanabile della vita umana è nella condizione di poter
cercare Dio, di poter scoprire Cristo, di poter accogliere e
apprezzare il dono della fede che diventa speranza e accende
nell’anima la carità.
Dostoevskij nella celebre opera I
fratelli Karamazov arriva a dire che il paradiso comincia solo nel
momento in cui si ha il coraggio di riconoscere il proprio peccato.
L’umiltà è la nostra verità:
e nella verità si trova Dio e il grande dono di Dio è Cristo
risorto. L’umiltà è il nostro primo apostolato e la nostra prima
testimonianza: perché ci permette di restare piccoli e quindi di non
nascondere Cristo con il nostro orgoglio. E l’umiltà crea la
fraternità. I primi cristiani stupivano il mondo con la loro carità
e la carità spingeva a cercare la causa del loro comportamento:
spingeva verso Cristo risorto.
Tertulliano, scrittore del terzo
secolo, nel celebre Apologetico riferisce con commozione che pagani, guardando i cristiani, esclamavano: “Guarda come si amano!”.
Noi oggi dovremmo strappare la
stessa meraviglia. “Mettiamo l’orgoglio sotto i piedi –
esclamava Papa Giovanni – e saremo liberi, sereni e fraterni:
saremo creature che vivono e testimoniano la risurrezione di Cristo”
Altrimenti “per il battesimo siamo risorti, ma per l’orgoglio
siamo rimorti”.
(Padre Stefano Orsi, ofm)
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In quel tempo, di ritorno da Emmaus, i due discepoli riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto Gesù nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!».
Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma.
Ma egli disse: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore?
Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho».
Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi.
Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?».
Gli offrirono una porzione di pesce arrostito;
egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: «Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi».
Allora aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture e disse:
«Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno
e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme.
Di questo voi siete testimoni.
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