venerdì 17 aprile 2015

III Domenica di Pasqua - "Di questo voi siete testimoni"


I racconti evangelici della Risurrezione a prima vista ci sorprendono. Infatti un annuncio così grande e strepitoso si consuma quasi nel silenzio e poche persone hanno la grazia di vedere il Cristo risorto. Perché?
E’ la logica di Dio inaugurata a Betlemme: dalla stalla alla croce, al sepolcro vuoto Dio rivela un modo di procedere inspiegabile per l’orgoglio umano. Dio si manifesta umile e paziente: egli non ama lo spettacolo, non cerca la platea per esibirsi.

Dio si preoccupa di creare i fatti e li mette dentro la storia del mondo come semi, che porteranno frutto. La risurrezione di Cristo è “il fatto” per eccellenza compiuto da Dio, il fatto attorno al quale gira la storia.

Qualcuno potrebbe obiettare: “Ma a voi cristiani fa comodo dire così. Fa comodo dire che la Risurrezione è un fatto vero, ma nascosto e discreto a motivo dell’umiltà di Dio”. Le cose non stanno così. Infatti l’umiltà di Dio, umanamente parlando, ci fa tutt'altro che comodo. Essa nasce dal rispetto che Dio ha per la nostra libertà e dal desiderio di coinvolgere ognuno di noi nella grande impresa del bene.

Infatti l’altra costante del comportamento di Dio secondo la Bibbia è proprio questa: Dio ama nascondersi per impegnare l’uomo. Il nascondimento di Dio allora è incredibilmente scomodo per noi che crediamo in lui: infatti ci coinvolge fino al sangue, ci impegna alla testimonianza

Apparendo agli undici apostoli Gesù afferma: “Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicate a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati… Di questo voi sarete testimoni”.
Voi siete testimoni. Ma cos'è la testimonianza? E’ far vedere con la propria vita un mistero invisibile agli occhi di chi non crede. Questa è la nostra missione e questo è il nostro tormento. Il problema a questo punto si sposta e diventa: come dare testimonianza alla risurrezione di Cristo?

Nietzsche, pensatore graffiante e spesso quasi blasfemo, ha lanciato una sfida onestissima ai cristiani quando ha detto: “Se Cristo è risorto, perché siete così tristi? Voi non avete il volto di persone redente".
Ma come acquistare il volto e soprattutto l’anima di persone redente?
La strada indicata dalle prime due letture ed è tanto diversa da come noi potremmo pensarla. Infatti s. Pietro e s. Giovanni parlano di pentimento dei peccati e di cambiamento della vita.

Che c’entra tutto questo con la risurrezione di Cristo?
Pensateci bene: per gustare la speranza, bisogna aver sentito qualche volta la disperazione; per apprezzare l’acqua, bisogna aver sete; per capire il valore della salute bisogna ammalarsi. Così per capire la risurrezione di Cristo, bisogna aver sentito odore di morte dentro di noi.
Infatti solo chi ha sentito la povertà insanabile della vita umana è nella condizione di poter cercare Dio, di poter scoprire Cristo, di poter accogliere e apprezzare il dono della fede che diventa speranza e accende nell’anima la carità.

Dostoevskij nella celebre opera I fratelli Karamazov arriva a dire che il paradiso comincia solo nel momento in cui si ha il coraggio di riconoscere il proprio peccato.

L’umiltà è la nostra verità: e nella verità si trova Dio e il grande dono di Dio è Cristo risorto. L’umiltà è il nostro primo apostolato e la nostra prima testimonianza: perché ci permette di restare piccoli e quindi di non nascondere Cristo con il nostro orgoglio. E l’umiltà crea la fraternità. I primi cristiani stupivano il mondo con la loro carità e la carità spingeva a cercare la causa del loro comportamento: spingeva verso Cristo risorto.
Tertulliano, scrittore del terzo secolo, nel celebre Apologetico riferisce con commozione che pagani,   guardando i cristiani, esclamavano: “Guarda come si amano!”.


Noi oggi dovremmo strappare la stessa meraviglia. “Mettiamo l’orgoglio sotto i piedi – esclamava Papa Giovanni – e saremo liberi, sereni e fraterni: saremo creature che vivono e testimoniano la risurrezione di Cristo” Altrimenti “per il battesimo siamo risorti, ma per l’orgoglio siamo rimorti”.

(Padre Stefano Orsi, ofm)

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Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 24,35-48. 
In quel tempo, di ritorno da Emmaus, i due discepoli riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto Gesù nello spezzare il pane. 
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 
Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. 
Ma egli disse: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? 
Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho». 
Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. 
Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». 
Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; 
egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. 
Poi disse: «Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». 
Allora aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture e disse: 
«Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno 
e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 
Di questo voi siete testimoni. 

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