A
conclusione delle feste pasquali, la Chiesa celebra la solennità
della SS. Trinità, per ricordare a tutti che la fonte dei beni che
Gesù ci ha donato con la sua morte e risurrezione è la SS. Trinità.
Il cuore da cui tutto scaturisce è il cuore di Dio.
Ce lo ha
rivelato Gesù stesso: “Dio
ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito perché chi
crede in lui non muoia ma abbia la
vita eterna”.
Noi
fin da bambini, seguendo l’insegnamento del catechismo, abbiamo
sentito parlare della Trinità come di un mistero. E lo è certamente.
Ma Dio si è rivelato a noi non come una enigma che confonde la
nostra povera mente, ma come la proposta di un amico che vuole stare
e camminare con l’uomo perché lo ama e lo vuole rendere partecipe
della sua vita. Il Dio della rivelazione non è un Dio lontano e
chiuso in se stesso, ma un Padre che viene incontro all’uomo e ama
stare con lui. Abramo, il grande amico di Dio, che ne ha raccolto le
confidenze e ha imparato a conoscerlo nel suo intimo, lo prega:
“Vieni e cammina con
noi”.
Non
è un Dio chiuso in se stesso ma aperto, che vuole e desidera la
relazione perché egli è amore.
Il Concilio, parlando della Bibbia,
dice che essa è come una lettera spedita da Dio all’uomo, mediante
la quale egli parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con
loro per ammetterli alla comunione con sé.
E’
riflettendo su quanto Gesù ci ha rivelato che la Chiesa ha preso
coscienza che alla stessa natura divina partecipa il Figlio e lo
Spirito Santo: “Mi è
stato dato ogni potere in cielo e in terra”. E’
la pienezza di potere che è proprio di Dio ed è partecipata dal
Figlio. La stessa verità è espressa con l’affermazione: “E’
salito al cielo, siede alla destra del Padre”. Lo stesso Spirito è
lo Spirito di Dio che prende della pienezza d’amore del Padre e del
Figlio per comunicarlo a noi. Dio non è una solitudine, ma una
famiglia, perché Dio è amore. Perciò nel credo professiamo la fede
in un solo Dio in tre persone.
Oggi
siamo chiamati a chinarci di fronte alla Trinità innanzi tutto con
profondo senso di riconoscenza:
“Gloria al Padre, e a Figlio, e
allo Spirito Santo”. La breve e facile preghiera che diciamo a
conclusione di tutti i salmi, facciamola nostra con consapevolezza
rinnovata, con profondo senso di riconoscenza e di amore. Tutto
dobbiamo alla Trinità, dalla creazione alla redenzione.
La
Trinità sta’ all'origine della vita e si pone come traguardo
dove la nostra esistenza, assieme a quella di tutti i redenti,
troverà il suo componimento nella piena felicità.
La fede nella SS.
Trinità rivela il senso della vita, illumina la storia
dell’universo, ci apre alla speranza di fronte al destino che ci
attende.
La
storia convulsa del creato e dell’umanità è nelle mani di un
Padre che mediante il Figlio Gesù e il dono dello Spirito Santo ha
voluto renderci partecipi della sua felicità.
Celebrando
l’Eucaristia che è il rendimento di grazie più perfetto, diciamo
con profonda riconoscenza: “Celebrando il memoriale della more e
risurrezione del tuo Figlio, ti offriamo Padre, in rendimento di
grazie, questo sacrificio vivo e santo”.
Il Padre ci ha donato
tutto donandoci il Figlio e noi, in degna risposta, offriamo a lui lo
stesso Dono, unendo nell'offerta noi stessi diventati con Gesù
suoi figli.
Ma
la celebrazione ci sollecita pure a esaminarci sul nostro rapporto
personale con la SS. Trinità.
Se Dio è amore, se tutta l’opera
della redenzione mira a creare un rapporto di amicizia, di
famigliarità autentica che stimola al dialogo, all'intimità, alla
contemplazione, dobbiamo porre più attenzione all'incontro col Signore nell'intimo della nostra coscienza.
La
partecipazione alla vita di carità della Trinità non può esaurirsi
nella carità al prossimo ma deve trovare nell’amore personale con
Dio il suo apice e la fonte dell’amore. Dobbiamo meditare quanto
Gesù ha detto per noi, specialmente nei discorsi dell’ultima cena
nei quali emerge chiaro il disegno di Dio di renderci partecipi della
sua vita di amore.
Gesù,
rivolto al Padre, parlando dei discepoli, afferma: “Io ho fatto
conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore
col quale mi hai amato sia in essi e io in loro”.
Gesù ci ha
rivelato il Padre e ce lo ha donato. Ce lo ha fatto conoscere, cioè
ci ha aperti alla comunione di amore con lui. Ha posto nel nostro
cuore il suo nome perché lo possiamo invocare con lui come Abbà,
papà.
Il
dono dello Spirito a sua volta ha lo scopo di trasformare il nostro
cuore e renderlo capace di amore. Egli sostiene la nostra preghiera,
la eleva facendola sua e pregando con noi.
Nello stesso discorso
dell’ultima cena, (Gv 14, 22), Gesù, invitando i discepoli all'amore, afferma: “Se
uno mi ama osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi
verremo a lui e faremo dimora presso di lui”.
L’opera
redentrice di Gesù ci ha rivelato Dio-Trinità come comunità di
amore, ci ha introdotto nella sua intimità. Noi fin d’ora siamo
figli, capaci e chiamati a partecipare a questa relazione di amore,
pregustando la gioia e la pienezza di vita che ci sarà rivelata nell'eternità.
(Padre Stefano Orsi, ofm)
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Dal Vangelo secondo Matteo (28, 16-20)
In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono.Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
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