Se provassimo a chiedere in
giro cosa si intende per povertà, penso di non sbagliarmi se dico
che la maggior parte delle persone, anche alla luce della crisi
economica che stiamo vivendo, direbbe che povertà significa mancanza
di beni, incapacità di provvedere alla propria sussistenza, bisogno
di mezzi per sopravvivere. Probabilmente,
anche noi, incalzati sull'argomento, risponderemmo le stesse cose.
Povertà è sempre declinata in senso negativo: è mancanza di,
bisogno di qualcosa. Anche il S. Francesco dei sogni cavallereschi e
delle feste “goliardiche” con gli amici, probabilmente, avrebbe
ritenuto la povertà qualcosa da evitare. Sappiamo, però, che, per
Francesco, le cose sono mutate e la Povertà è diventata addirittura
una donna da sposare. Come è stato possibile? In una delle vele che
descrivono i voti religiosi francescani nella Basilica inferiore di
Assisi, viene raffigurato il matrimonio tra Francesco e la Povertà,
la quale appare come una donna circondata da rovi, con un abito
rattoppato e con un viso molto austero.
E allora perché Francesco ne
fa una sposa? Perché
anche noi oggi dovremmo ritenerla una virtù? E’
Francesco stesso che ce lo spiega nella Regola bollata al Capitolo
VI: Francesco dice che scegliere la Povertà significa imitare
Dio che si è fatto povero e umile nell'incarnazione e
significa essere eredi
e re del regno dei cieli, cioè
la Povertà è elemento
fondante della vita cristiana in
ogni suo aspetto (nell'affresco prima citato, dietro la Povertà
compare l’albero della Vita … come a dire che dalla Povertà
scaturisce la vera vita!). Ecco perché, dunque,
non possiamo legare la Povertà solo alla nostra relazione con i beni
materiali; dobbiamo declinare
la Povertà in ogni ambito delle relazioni umane: relazione
con Dio, con i fratelli e, anche, con i beni terreni.
Nella
relazione con Dio, essere poveri significa anzitutto liberarci
da ogni tentazione di idolatria: spesso
ci costruiamo un’immagine di Dio distorta in cui prevale l’idea
di un Dio giudice, di un Dio lontano, assente di fronte ai problemi
della vita. Liberarci, svuotarci delle nostre idee su Dio apre la
strada a una Fede più libera, più vera, più forte in cui possiamo
adorare, in spirito e
verità, un Dio che è
Amore, Pace e Misericordia. Nella relazione con Dio, essere poveri
significa anche rinunciare
alle pretese sulla nostra vita per entrare pienamente nella volontà
di Dio... significa
permettere di contemplare,
ogni giorno, il bene che Dio ci dona eliminando
il filtro del nostro orgoglio, del nostro egoismo e del nostro
pregiudizio.
Nel
rapporto con i fratelli, Povertà significa amare
veramente chi ci sta accanto; non
possiamo dire di amare veramente una persona se esercitiamo un
possesso su di essa; il vero amore lascia l’altro nella libertà.
Inoltre, non possiamo far entrare pienamente l’altro nella nostra
vita se non ci svuotiamo di noi stessi per accogliere l’altro.
Povertà significa
anche saper ascoltare
l’altro senza il frastuono delle proprie idee e convinzioni.
Infine,
la Povertà si declina anche nel rapporto con i nostri beni. Ciò non
significa però andare alla ricerca di una Povertà che è mancanza
assoluta di beni, ma significa dare
il giusto valore ai beni che si possiedono in quanto dono ricevuto da
Dio. E allora, si
deve ricercare una giusta relazione con i beni nell'ottica della restituzione di
ciò che si è ricevuto: non dobbiamo essere attaccati a ciò che si
ha ma, laddove ci è richiesto, dobbiamo condividerlo con chi ha più
bisogno. In questo senso, la Povertà diventa fonte
di Carità. Povertà
è, in qualche modo, renderci
capaci di farci strumento della Provvidenza verso il prossimo.
(Paolo Mancini)
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