lunedì 11 maggio 2015

POVERTÀ : REGOLA DI VITA



Come possiamo, noi oggi, definire la Povertà? 
Se provassimo a chiedere in giro cosa si intende per povertà, penso di non sbagliarmi se dico che la maggior parte delle persone, anche alla luce della crisi economica che stiamo vivendo, direbbe che povertà significa mancanza di beni, incapacità di provvedere alla propria sussistenza, bisogno di mezzi per sopravvivere. Probabilmente, anche noi, incalzati sull'argomento, risponderemmo le stesse cose.
Povertà è sempre declinata in senso negativo: è mancanza di, bisogno di qualcosa. Anche il S. Francesco dei sogni cavallereschi e delle feste “goliardiche” con gli amici, probabilmente, avrebbe ritenuto la povertà qualcosa da evitare. Sappiamo, però, che, per Francesco, le cose sono mutate e la Povertà è diventata addirittura una donna da sposare. Come è stato possibile? In una delle vele che descrivono i voti religiosi francescani nella Basilica inferiore di Assisi, viene raffigurato il matrimonio tra Francesco e la Povertà, la quale appare come una donna circondata da rovi, con un abito rattoppato e con un viso molto austero. 
E allora perché Francesco ne fa una sposa? Perché anche noi oggi dovremmo ritenerla una virtù? E’ Francesco stesso che ce lo spiega nella Regola bollata al Capitolo VI: Francesco dice che scegliere la Povertà significa imitare Dio che si è fatto povero e umile nell'incarnazione e significa essere eredi e re del regno dei cieli, cioè la Povertà è elemento fondante della vita cristiana in ogni suo aspetto (nell'affresco prima citato, dietro la Povertà compare l’albero della Vita … come a dire che dalla Povertà scaturisce la vera vita!)Ecco perché, dunque, non possiamo legare la Povertà solo alla nostra relazione con i beni materiali; dobbiamo declinare la Povertà in ogni ambito delle relazioni umane: relazione con Dio, con i fratelli e, anche, con i beni terreni.
Nella relazione con Dio, essere poveri significa anzitutto liberarci da ogni tentazione di idolatria: spesso ci costruiamo un’immagine di Dio distorta in cui prevale l’idea di un Dio giudice, di un Dio lontano, assente di fronte ai problemi della vita. Liberarci, svuotarci delle nostre idee su Dio apre la strada a una Fede più libera, più vera, più forte in cui possiamo adorare, in spirito e verità, un Dio che è Amore, Pace e Misericordia. Nella relazione con Dio, essere poveri significa anche rinunciare alle pretese sulla nostra vita per entrare pienamente nella volontà di Dio... significa permettere di contemplare, ogni giorno, il bene che Dio ci dona eliminando il filtro del nostro orgoglio, del nostro egoismo e del nostro pregiudizio.
Nel rapporto con i fratelli, Povertà significa amare veramente chi ci sta accanto; non possiamo dire di amare veramente una persona se esercitiamo un possesso su di essa; il vero amore lascia l’altro nella libertà. Inoltre, non possiamo far entrare pienamente l’altro nella nostra vita se non ci svuotiamo di noi stessi per accogliere l’altro. Povertà significa anche saper ascoltare l’altro senza il frastuono delle proprie idee e convinzioni.
Infine, la Povertà si declina anche nel rapporto con i nostri beni. Ciò non significa però andare alla ricerca di una Povertà che è mancanza assoluta di beni, ma significa dare il giusto valore ai beni che si possiedono in quanto dono ricevuto da Dio. E allora, si deve ricercare una giusta relazione con i beni nell'ottica della restituzione di ciò che si è ricevuto: non dobbiamo essere attaccati a ciò che si ha ma, laddove ci è richiesto, dobbiamo condividerlo con chi ha più bisogno. In questo senso, la Povertà diventa fonte di Carità. Povertà è, in qualche modo, renderci capaci di farci strumento della Provvidenza verso il prossimo.

(Paolo Mancini)
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