Nel
Vangelo dell’odierna liturgia, Gesù definisce se stesso: "Io
sono la vera vite".
Gesù,
non più Israele, è la nuova e vera vite, piantata da Dio nel mondo
perché produca frutti abbondanti.
Il
primo frutto di questa vite sarà il vino
eucaristico, che diventerà il
suo sangue "versato
per molti, in remissione dei
peccati".
Il
secondo frutto sarà la Chiesa,
che prolungherà nel tempo la Vite-Gesù, alla quale dobbiamo essere
uniti, come tralci, per ricevere la linfa della salvezza.
Uno
dei più grandi peccati
che offendono Cristo è quello di volerlo escludere dalla propria
vita, rifiutando il suo amore.
Chi
rifiuta coscientemente
Gesù e la salvezza da lui realizzata con la passione, morte e
risurrezione, si ripiega inevitabilmente su se stesso perdendo il
senso dell’esistenza.
Il
nostro egoismo, il nostro amor proprio, sono la causa di tutte le
nostre difficoltà, delle nostre contrarietà, dei nostri tormenti nell'anima e nel corpo.
"Chi
rimane in me e io in Lui, fa molto frutto, perché senza di me non
potete far nulla".
Occorre
rimanere in Lui, occorre cioè
che tutta la nostra sollecitudine, tutta la cura, tutto l’amore che
noi prodighiamo verso noi stessi, sono riportato su Dio, e con ciò
sul nostro prossimo.
Due
sono le ali
che ci sollevano al cielo: la preghiera e la fede.
Chi vuole avere
sole e aria spalanca le finestre. Sarebbe ridicolo tenersi dietro le
imposte chiuse e gemere: non
c’è luce, non c’è un soffio d’aria.
La
potenza di
Dio e la sua grazia sono sempre e dovunque alla portata di mano di
ciascuno di noi.
"Se
rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che
volete e vi sarà dato".
Nessuno può impedirci di percorrere questa via di supplica; dipende
soltanto dalla nostra fede e dalla nostra umiltà. Chi non è capace
di chiedere? Chi non è capace di bussare, cercare?
Tutti,
e proprio a cominciare
dai più poveri. Ci faremo allora
forti della nostra povertà
e la faremo diventare grido
e supplica
dinanzi a Dio, sicuri di essere ascoltati.
Dunque,
non siamo affatto soli, dunque, Dio si prende cura di noi, dunque, la via è
aperta dinanzi al nostro cuore.
Con
umiltà dobbiamo riconoscere
di dover imparare a pregare. Le nostre richieste, i nostri sospiri
non potranno rimanere inauditi, perché tutto si articola nell'ordine del suo volere.
Ogni
giorno, allora, richiamiamoci a
questa verità: che ciascuno di noi è un
tralcio di Cristo, su cui
Cristo e il Padre suo contano, per portare
frutto nella vita di tutti.
(Padre Stefano Orsi, ofm)
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Dal Vangelo secondo GiovanniIn quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli"
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