sabato 19 settembre 2015

«Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti» - XXV Domenica del Tempo Ordinario



Questo brano di Vangelo di Marco appare composto da due scene differenti: la prima scena si svolge lungo le strade della Galilea. I discepoli avevano discusso tra loro chi fosse il più grande, il più bravo. Non è difficile immaginare questi discorsi, perché anche noi li facciamo spesso, animati dal desiderio di prevalere sugli altri, di”vincere”, di essere superiori. Gesù intuisce che qualcosa non funziona, che urge aiutare questa gente a non fare passi falsi. Bene, parlate pure di primi posti. Ma fate attenzione: è importante chiarire chi deve occupare il primo posto nella vostra vita. Perché mi venite dietro? Perché siete cristiani? Quali sono le vostre intenzioni? Gli apostoli ammutolirono perché sapevano di non avere intenzioni limpide. E così siamo costretti a fare anche noi. Cerchiamo di usare la fede per ciò che la fede non vuole, usiamo la religione per ottenere cose che la religione condanna e tentiamo di portare Cristo dalla nostra parte. Poi con lucidità e coraggio veramente divini, Gesù ci fa dono della sua proposta: una proposta che ribalta i nostri pensieri e tutte le nostre misure. «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti». Per questo la via di Cristo,che è sapienza che viene dall’alto, è la via dell’umiltà. Questa è la rivoluzione di Gesù. Egli affronta il vuoto dell’uomo contrapponendogli la vera grandezza: la grandezza di vivere per gli altri, di servire i fratelli, di dare la vita. Dio non è altro che amore: e questo amore è onnipotente. Per questo Gesù ci invita a essere umili, per essere figli di Dio, luce di Dio, per essere nell’amore di Dio. Nella seconda scena, Gesù dà con grande delicatezza ai discepoli un nuovo insegnamento. “Ultimo” e “Servo” è colui che fa tutto ciò che gli è possibile per gli altri. Per esemplificare il suo insegnamento, Gesù compie un gesto di grande consolazione per il nostro cuore. Prende un bambino, lo mette in mezzo e lo abbraccia. Il bambino rappresenta la figura del vero discepolo quello che Gesù ama affettuosamente, che suscita nel suo cuore vera e propria commozione. I bambini rappresentano l’innocenza, la mitezza, l’affetto spontaneo, l’affidamento totale ai genitori, la capacita di vera gratitudine. Atteggiamenti che Dio desidera vedere in noi. E’ tanto vera e grande questa condizione, che Gesù arriva a dire «Qualunque cosa avete fatto a uno di questi fratelli più piccoli, l’avete fatta a me»: questo avviene quando ci mettiamo a servizio degli altri, specialmente dei bisognosi, sapendo vedere in essi Gesù; questo è il modo migliore per giungere in paradiso. 




Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 9,30-37. 
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse.
Istruiva infatti i suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell'uomo sta per esser consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risusciterà».
Essi però non comprendevano queste parole e avevano timore di chiedergli spiegazioni.
Giunsero intanto a Cafarnao. E quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo lungo la via?».
Ed essi tacevano. Per la via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande.
Allora, sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse loro:
«Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato». 

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