Mentre abbiamo ancora negli occhi e nel cuore l'orrore per quanto è avvenuto a Parigi, oggi si prospetta davanti a noi la radiosa immagine di Cristo Re.
Non potrebbe darsi confronto più eloquente: da un lato i barbari
che sterminano gli innocenti (e, orrore su orrore, in nome di Dio);
dall'altro un Re che si è lasciato inchiodare alla croce. La
violenza imposta con odio, la violenza subìta per amore.
Parlare di Gesù
Cristo come di un re, manifesta in realtà la povertà del nostro
linguaggio, che associa a questa parola le figure di uomini - si
chiamino re, o imperatori, o principi di vario grado, o più
modernamente capi di stato o di governo - i quali decidono, spesso in
modo arbitrario se non violento, le sorti dei loro simili.
Il nostro
vocabolario non dispone di un termine adeguato per esprimere il
concetto della festa di oggi, per designare una sovranità che
travalica i limiti della geografia e della storia, una sovranità che
non si impone ma si propone e dunque non riduce in alcun modo la
libertà dei "sudditi", una sovranità che non li
strumentalizza per un proprio fine ma anzi ad essi si dona, in vista
del loro autentico bene.
Il regno di cui il
Cristo è titolare, è tutt'altra cosa rispetto ai regni e alle
repubbliche di nostra conoscenza; tutt'altra cosa a partire proprio
da Lui, che se ha portato una corona sulla testa è stata una corona
di spine. La differenza risalta anche nel vangelo di oggi (Giovanni
18,33-37). Gesù si proclama re proprio davanti a Ponzio Pilato, vale
a dire davanti al rappresentante dell'imperatore di Roma, che
soggioga con pugno di ferro la nazione cui anche Gesù appartiene.
Pilato ha su di lui
potere di vita e di morte, e non esita a servirsene.
Perciò
l'auto-proclamazione di Gesù, inerme prigioniero nelle sue mani,
assumerebbe i caratteri di una sfida a quel potere, se non fosse
seguita da due fondamentali chiarimenti.
Il primo: "Il mio regno
non è di questo mondo". Dunque i regnanti, e i loro equivalenti
moderni, non hanno da temere insidie alla loro autorità; il regno di
Gesù è alternativo a quelli terreni, anzi è un regno d'altra
specie, in cui non hanno spazio la politica, l'economia, gli
eserciti, i confini territoriali, le differenze sociali e così via.
Secondo chiarimento: "Io sono re. Per questo sono venuto nel
mondo: per dare testimonianza alla verità", la verità che Dio
è Padre e ama allo stesso modo tutti i suoi figli, e a tutti offre
la possibilità di vivere per sempre felici con lui. Gesù ha
testimoniato questa verità, dimostrando col dono di sé sino a che
punto si protende l'amore del Padre, e insegnando come corrispondervi
sin da adesso, da questa vita.
La verità, nel
mondo terreno, sta nell'impegno a vivere come Gesù insegna.
Quanti
più uomini la accolgono, tanto più questo mondo cambierà, tanto
più si allontaneranno le violenze brutali e si affermeranno la
giustizia e l'amore. Per questa via, il regno di cui Gesù Cristo è
il re incide sui regni terreni: non per scalzarli, ma trasformandoli
dall'interno.
Proviamo pensare a un mondo in cui tutti seguono gli
insegnamenti di Gesù, non imposti ma liberamente accettati: non ci
sarebbero più tribunali e carceri, intrighi e corruzione, privilegi
e miseria, violenze e soprusi; non servirebbero più gli eserciti e
neppure i confini, perché tutti gli uomini vivrebbero coerenti con
quello che sono, fratelli.
Un tale mondo è
quello che si prospetta dopo questa vita; ma la figura del Re
incoronato di spine, dell'inerme uomo inchiodato a una croce, è un
potente richiamo a impegnarsi perché questo mondo terreno somigli il
più possibile a quello che troveremo di là. "Venga il tuo
regno", ci ha insegnato a chiedere lo stesso Gesù, e la
richiesta seguente suggerisce il come: "Sia fatta la tua
volontà, come in cielo così in terra".
Il regno di cui Cristo
è il re si instaura anche quaggiù, tanto quanto gli uomini
impareranno a vivere secondo il suo esempio.
(Mons Roberto Brunelli)
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 18,33b-37.
Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Tu sei il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te oppure altri te l'hanno detto sul mio conto?». Pilato rispose: «Sono io forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me; che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
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