mercoledì 15 giugno 2016

"Ch’io non cerchi tanto ad esser consolato, quanto a consolare"

Chico em madeira de demolição | Flickr – Compartilhamento de fotos!: Nella seconda parte della Preghiera semplice, S. Francesco si rivolge a Dio come Maestro, pregandolo di insegnargli ad essere capace di atteggiamenti più attivi che passivi, ad essere capace di dare più che di ricevere sull’esempio di Gesù stesso che ha dato tutto se stesso per noi. 
Attraverso l’insegnamento evangelico del Figlio, infatti, Dio rivela all’uomo se stesso , rivela all’uomo ciò a cui è chiamato, rivela all’uomo la propria Misericordia infinita…Dio ci dona l’esempio da imitare, ci apre le porte della vera vita, dell’Amore, della Misericordia, della Pace. S. Francesco, dunque, si mette alla scuola di Gesù e il primo insegnamento che chiede è quello di saper consolare.
Nella seconda lettera ai Corinzi, S. Paolo afferma: “Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio. Infatti, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione. Quando siamo tribolati, è per la vostra consolazione e salvezza; quando siamo confortati, è per la vostra consolazione, la quale si dimostra nel sopportare con forza le medesime sofferenze che anche noi sopportiamo.” 
S. Paolo, innanzi tutto, attribuisce due caratteristiche, due nomi a Dio: dice che Dio è Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione; potremmo, dunque, affermare che Misericordia e Consolazione sono i principali volti dell’Amore di Dio per l’uomo. Egli non solo ha misericordia dei nostri peccati, del male che commettiamo ma vuole anche consolarci per tutto questo ridonandoci la vera Pace. Tale consolazione è così grande e così efficace che non può essere trattenuta per noi ma diventa essa stessa fonte di consolazione per tutti quelli che si trovano nell’afflizione.
S. Francesco conosce bene questa consolazione, ha sperimentato in sovrabbondanza la consolazione che Dio dona a chi si affida alla sua Misericordia; potremmo, anzi, dire che Dio stesso conduce Francesco a trovare consolazione nell’usare misericordia verso gli ultimi, gli esclusi, quelli che lui stesso detestava: nel testamento ci rivela che, dopo aver usato misericordia verso i lebbrosi, tutto ciò che era per lui amaro diventa dolcezza di animo e di corpo. S. Francesco da un nome a questa consolazione: la chiama Letizia. Come S. Paolo dice che, nel sopportare con forza le nostre sofferenze e tribolazioni, abbonda, per mezzo delle sofferenze di Cristo, anche la nostra consolazione, così Francesco dice che possiamo raggiungere la vera perfetta Letizia quando, di fronte alle nostre sofferenze , alle nostre ferite avremo saputo riconoscere la volontà del Signore che trasforma ogni male in bene.
Proprio perché S. Francesco ha sperimentato la consolazione che viene da Dio, può chiedere a Lui la capacità di saper consolare: non si può donare ciò che non si ha, non si può consolare se non abbiamo sperimentato la vera consolazione…il rischio è quello di non essere credibili, di portare solo gesti sterili e non far passare la vera consolazione che ha origine dalla Misericordia e dall’Amore che Dio ha su ciascuno di noi.
La nostra vita è costellata di moltissimi momenti in cui ricerchiamo consolazione…perché abbiamo sbagliato, perché qualcuno ci ha ferito, perché vittime dell’ingiustizia, perché tutto non va come abbiamo progettato…e, allora, spesso ricerchiamo consolazione nell’effimero, nella gioia finta di un piacere facile che riempie giusto qualche istante del nostro tempo ma non ha il profumo del “per sempre”, dell’infinito, dell’eterno; ci impossessiamo, dunque, di ogni cosa che la nostra società ci impone come un bisogno, divoriamo relazioni, amicizie…e tutto per cercare di riempire in qualche modo le nostre ferite che sono, però, spesso, troppo profonde per essere guarite da rimedi che, forse, nascondono un po’ di dolore ma lasciano aperte proprio quelle ferite che lo generano.
Come S. Francesco, dunque, lasciamoci attrarre dal vero “farmaco” che può salvare la nostra vita, che cura le nostre ferite e che dona la vera Pace…lasciamo che l’Amore di Dio penetri i nostri cuori e vinca le nostre resistenze a una vita bella e piena…lasciamoci invadere da quella consolazione che Dio stesso ci dona attraverso lo Spirito Santo, il Consolatore. Solo così, scaturirà in noi la vera Pace e sapremo essere, a nostra volta, portatori credibili di consolazione, di Misericordia e di Amore.
Paolo Mancini

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