La
liturgia di questa XIII domenica del Tempo Ordinario invita a vivere
nella fede in Gesù figlio di Dio, nella speranza della risurrezione
e nella certezza della vita eterna.
IL
dolore e la morte non sono opera di Dio, ma sono conseguenze della
libertà che Dio ha dato all'uomo e che l’uomo ha usato contro
Dio: il dolore e la morte sono frutti del peccato.
La
Bibbia,infatti, insiste nel presentare Dio come la roccia su cui
poggia la vita umana, ma nello stesso tempo sottolinea il terribile
potere dell’uomo di allontanarsi da Dio e quindi di far morire
l’opera di Dio.
E
poiché il mondo ignora l’amore predicato da Cristo, chi sa
predirci dove andremo a finire? E’ la storia del peccato, che fa da
sfondo al Vangelo di oggi.
Cristo
è venuto a liberarci dal peccato e quindi anche dalle conseguenze
del peccato: cioè dal dolore e dalla morte. Ma come?
Il
Vangelo ci presenta Cristo dinanzi al dolore, dinanzi alla morte. E
Gesù prende subito posizione. Egli vuole la guarigione della donna
ammalata e loda la sua fede umile, nascosta.
Da
notare che la donna si comporta con semplicità quasi primitiva:
eppure Gesù non la rimprovera, perché Dio non guarda alle forme
esteriori, ma al cuore.
C’era
tanta gente quel giorno attorno a Gesù, eppure soltanto una donna
sconosciuta aveva la fede per il miracolo e Gesù lo sottolinea.
Ugualmente
a Giaìro, capo della sinagoga, egli dice: «non temere, continua ad
aver fede!» E poi compie il miracolo.
L’atteggiamento
di Dio è netto: non solo non vuole il dolore, ma lotta per la
liberazione dal dolore e per la liberazione dalla morte. Però qual è
la strada di Dio?
Se
il male è partito dal cuore dell’uomo, con il peccato, anche la
liberazione partirà dal cuore dell’uomo: infatti non si può
eliminare un frutto velenoso, senza togliere le radici.
Ecco
perché in ogni miracolo Gesù insiste sulla fede, che è umiltà,
coscienza di povertà, abbandono a Dio.
I
miracoli, infatti, non hanno l’importanza che noi attribuiamo loro:
Cristo insiste sempre sulla fede e quasi minimizza il prodigio.
Il
miracolo diventa allora un frutto di fede e un argomento per credere
e attendere il comportamento della vita che è già nata nell’anima.
Perché? Perché noi crediamo che il modo non resterà sempre così.
La
preghiera della notte nei monasteri di clausura viene chiamata
vigilia, veglia, attesa della luce: per ricordare ogni giorno che ci
sarà un nuovo giorno, l’ultimo. E’ la vita cristiana, la vita
del cristiano.
Dall'attesa nasce un nuovo modo di vivere: la vita come cammino, come esodo, come
pellegrinaggio.
Dall'attesa nasce un nuovo modo di morire: la morte
come arrivo, come incontro.
Pensate alla morte di Francesco d’Assisi,
di Teresa Martin, di Bernadette Soubirous…
Per
noi cristiani il dolore e la morte sono già stati vinti. Cristo è
la vittoria sulla morte; e la fede in Cristo ci rende partecipe della
sua vittoria.
Questa
è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede. Una sola
cosa ci fa paura: il peccato, perché è la vera morte
dell’uomo.Dal Vangelo secondo Marco (Mc 5,21-43)In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all'altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: "Chi mi ha toccato?"». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male».Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.