Nel Vangelo di oggi, Marco narra il ritorno di Gesù a Nazareth.
Ormai la notizia dei suoi miracoli e dei suoi discorsi aveva messo in agitazione e in curiosità tutti gli abitanti delle cittadine intorno al lago di Galilea: e anche a Nazareth si parlava di Gesù e si desiderava vederlo all’opera.
Ma ecco l’impatto difficile; Infatti un conto è parlare di Dio, un conto è incontrarsi con Lui; una cosa è parlare di fede, un’altra è credere; una cosa è dirsi cristiani, un’altra è essere cristiani.
Gli abitanti di Nazareth riconoscono che il «fenomeno Gesù» è umanamente inspiegabile. Infatti dicono: «Da dove vengono a lui queste cose?». « E che sapienza è mai questa che gli è stata data?». «E questi prodigi compiuti dalle sue mani, come si spiegano?».
Allora i prodigi ci sono. Eppure gli abitanti di Nazareth non credono, non vogliono tirare le conseguenze dello stupore: mistero di libertà! Dio non costringe nessuno a credere.
Ma chiediamoci: « Cos'è che fa difficoltà agli abitanti di Nazareth?».
E’ l’umiltà di Di che diventata visibile e percepibile in Cristo; è la discrezione di Dio, che lascia scatenar tutto il giogo della libertà umana fino alla follia; è la pazienza di Dio, che permette il male, diventando la croce di Dio.
Tutto sommato, gli abitanti di Nazareth esprimono queste difficoltà. Non è possibile – secondo loro – che Dio arrivi a una tale povertà da presentarsi nella fragile carne di un uomo nato a Betlemme e vissuto nell’ombra della bottega di un artigiano.
Quest’umiltà, questa pazienza di Dio sono anche la nostra difficoltà. Anche noi spesso non sappiamo percepire la presenza di Dio nella vita quotidiana; abbiamo ridotto la fede a un abito per le grandi cerimonie.
La fede o è lo stile di tutti i giorni o è una terribile ipocrisia o almeno una peccaminosa incoerenza.
Il Vangelo dice che Gesù lasciò Nazareth : e quella gente perse una grazia, un dono, un appuntamento.
Anche questo è un aspetto di Dio che ci fa paura. Noi avremmo voluto un Dio battagliero, un Dio che avesse accettato la sfida degli abitanti di Nazareth e avesse risposto con sdegno alla loro cecità.
Invece no: Dio non fa così. La bontà di Dio è un mistero: per questo solo con la fede si può accogliere Dio. E la fede è un umile riconoscimento dei nostri limiti e un coraggioso abbandono a Colui che tutto sa e tutto può.
Oggi noi siamo nella stessa situazione degli abitanti di Nazareth: è domenica, una delle tante domeniche della nostra vita.
Una parola, un pane consacrato, una comunità: per chi non vuol credere è troppo poco per incontrare Dio; per chi vuol credere è più che sufficiente per sentire la presenza si Cristo. Come a Nazareth.
Padre Stefano Orsi, ofm
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Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 6,1-6.
In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i discepoli lo seguirono.
Venuto il sabato, incominciò a insegnare nella sinagoga. E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano: «Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani?
Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?». E si scandalizzavano di lui.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua».
E non vi potè operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì.
E si meravigliava della loro incredulità. Gesù andava attorno per i villaggi, insegnando.
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