Come
sarebbe bello, se le tentazioni di Gesù - e le nostre! - durassero
l'arco di una domenica di Quaresima, o al massimo i quaranta giorni
nei quali, stando ai Vangeli, Gesù fu inviato dallo Spirito nel
deserto! Invece, poiché nella Bibbia i numeri hanno sempre una
valenza più simbolica che aritmetica, quei "quaranta giorni"
dicono ben altro.
A partire dalla tradizione dell'Esodo, che ha visto
un'intera generazione camminare e morire nel deserto per cercare di
raggiungere la terra promessa, il numero quaranta (che si tratti di
giorni, mesi o anni, nella simbologia non ha importanza) è stato
fatto coincidere con la speranza di vita media di una persona, e
quindi con una generazione: da allora in poi, dire "quaranta"
nella Bibbia significa dire l'intera durata della vita di una
persona.
Ci consoli sapere, dunque, che le tentazioni, nella vita,
non sono legate a una situazione, a una causa, a un momento, e meno
ancora alla moralità del singolo: sono parte dell'intera nostra
esistenza, del nostro quotidiano vivere, della nostra umanità nuda e
cruda, e proprio per questo, essere tentati non significa essere
malvagi, e il fatto che il Figlio di Dio sia stato tentato per tutta
la sua vita terrena ne è la prova e - come dicevo - la nostra
consolazione.
Siamo,
in fondo, tutti quanti nella stessa situazione: tentati lo saremo
tutta la vita, non solo all'inizio della Quaresima. L'importante è
avere piena coscienza di quale sia l'oggetto della nostra tentazione,
ovvero cos'è ciò su cui siamo tentati.
Le tentazioni possono
riguardare molti aspetti della nostra vita, e quelli che percepiamo
maggiormente sono quelli legati ai sensi e ai vizi: dalla vista alla
gola, dal tatto all'udito, oltre a tutto ciò che tocca la sfera
dell'amore e degli affetti, sono gli elementi che più avvertiamo
come "tentati" e quindi come soggetti a essere indotti
all'errore. Si tratta solamente di una percezione, perché le
tentazioni più forti sono quelle che riguardano il nostro rapporto
con Dio, rispetto al quale spesso assumiamo un atteggiamento di
potere invece che di servizio.
Ci sentiamo talmente potenti e
superiori a tutti da sentirci uguali a Lui: che in fondo, altro non è
se non il peccato delle origini, quello che ci portiamo dietro dalla
Creazione del mondo.
E,
allora come oggi e come nel deserto di Giuda, il protagonista è
sempre lui: l'avversario di Dio, il subdolo, l'intrigante avversario,
che addirittura nei confronti del Figlio di Dio ha la sfrontatezza di
presentarsi come suo fidato collaboratore, suo consigliere di fiducia
capace di spiegargli addirittura come avrebbe dovuto fare per fare il
Messia... E la questione fondamentale è solo una: il potere, con
tutto ciò che ne consegue.
Satana vuole che passiamo dalla logica
del servizio alla logica del potere.
Satana vuole non che "serviamo"
Dio, ma che "ci serviamo" di Dio.
Satana sa bene che ce n'è
uno solo che può tutto, che c'è un solo onnipotente: ma siccome sa
altrettanto bene che l'Onnipotente ha creato l'uomo "a sua immagine e
somiglianza", allora gioca con la creatura a presentargli i suoi
prodotti migliori per ottenere la medesima onnipotenza.
A
partire dall'uso delle proprie capacità per trarne vantaggio e
profitto personale, come avviene nella prima tentazione, quella in
cui ci insinua che anche le pietre possono diventare pane, se ci
lasciamo prendere dalla brama di usare tutto sempre e solo per noi.
Tutto può essere trasformato dal nostro egoismo in qualcosa di cui
possiamo usufruire e sfruttare fino in fondo, fino a sbranarlo, fino
a divorare tutto e tutti come si divora un panino quando si è
affamati. Ma "non si vive di solo pane", per fortuna:
grazie a Dio, ci sono valori che valgono molto, molto di più, e con
i quali è impossibile divorare gli altri. Pensiamo alla solidarietà,
alla condivisione, all'accoglienza... tutte armi di cui satana non
dispone, e contro le quali può davvero poco.
Ma
non pensiamo che sia finita, perché l'avversario ne sa proprio una
più del demonio... e collega la prima tentazione alla terza partendo
dall'affermazione fondamentale, che egli stesso condivide: "Se
tu sei il Figlio di Dio", che non è affatto un'ipotesi, ma
suona come una dichiarazione, ovvero "Dal momento che lo sei".
Non hai ceduto sul profitto e sul vantaggio personale? Bene, allora
cederai su ciò che è alla base della tua fede: la fiducia in Dio,
al quale piace - secondo l'avversario - farsi vedere in cose
spettacolari. Miracoli, guarigioni, manifestazioni clamorose,
fenomeni soprannaturali: dai, buttati su queste cose! Buttati giù
anche dal tempio, tant'è, Dio verrà a prenderti in braccio, ti
salverà alla vista di tutti, lo dice anche la Bibbia (e satana,
terribile, la cita perché la conosce bene...).
No, col Messia non
attacca: Dio non lo si tenta, lo si ama così com'è, anche quando
amarlo costa e non ci sono miracoli. Punto.
Finita
qui? No, ci siamo dimenticati la seconda tentazione, quella messa al
centro forse perché la più importante, alla quale è proprio
difficile resistere. Tant'è vero che è diversa dalle altre, al
punto che satana non la mette sotto l'ottica del "Poiché sei
Figlio di Dio". La sua affermazione è drammatica: dopo aver
condotto Gesù nelle altezze (a fianco di Dio Padre, pensate a che
punto...) "gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e
gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a
me è stata data e io la do a chi voglio".
Il potere, la
ricchezza, la gloria sono di satana perché gli sono stati dati (e da
chi?), e lui ne fa ciò che vuole: è un'affermazione biblica, è una
verità, è scontato e assodato che dove c'è potere, soldi e gloria,
lì c'è satana. Ma non c'è Dio, perché potere, ricchezza e gloria
sono incompatibili con il Dio di Gesù Cristo.
Potere,
ricchezza e gloria fanno parte dei regni di questo mondo: e lì,
satana faccia pure ciò che vuole. Ma il Regno di Dio è altro: non
si basa sul potere, ma sul servizio, non sul dominio, ma sull'amore.
La partita con satana è chiusa. Ma non pensiamo che si fermi lì,
perché - ce lo dice il Vangelo - "si allontanò da lui fino al
momento fissato". E in Luca, questo momento è al capitolo 10,
quando un dottore della legge dà una mano a satana e si avvicina a
Gesù "per tentarlo" (l'unica volta in cui si tornerà ad
usare questo verbo, in Luca). Vorrà sapere da lui "come si
eredita la vita eterna", cioè come avere il possesso
sull'eternità.
La
risposta sarà la parabola del Buon Samaritano: amore e servizio allo
stato puro. Le tentazioni nella vita si vincono così.
(don Alberto Brignoli)
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 4,1-13. Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni; ma quando furono terminati ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, dì a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo». Il diavolo lo condusse in alto e, mostrandogli in un istante tutti i regni della terra, gli disse: «Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio. Se ti prostri dinanzi a me tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai». Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, buttati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordine per te, perché essi ti custodiscano; e anche: essi ti sosterranno con le mani, perché il tuo piede non inciampi in una pietra». Gesù gli rispose: «E' stato detto: Non tenterai il Signore Dio tuo». Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato.
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