domenica 21 settembre 2014

XXV Domenica del Tempo Ordinario




"NON POSSO FARE DELLE MIE COSE QUELLO CHE VOGLIO? OPPURE TU SEI INVIDIOSO PERCHE' IO SONO BUONO?" 

Eccoci qui, nella prima domenica di autunno. 
Eccoci, mentre tutto riprende con ritmo incalzante: il lavoro, la scuola, la vita parrocchiale ordinaria, le fatiche e le preoccupazioni quotidiane.

E, in questa ripresa, ci si mette anche il Vangelo di oggi che fa "saltare" ogni logica di giustizia umana, soprattutto in questi tempi in cui per molti il "cercare lavoro" sembra un'utopia.
Perché la parabola di oggi ci parla di lavoro, di stipendio, di assunzione ad ore, di ricompensa, ma con metodi e intese che non corrispondono alla giustizia. Ma, allo stesso tempo c'è una parola che brilla luminosa oltre il diritto e le rivendicazione: la parola "bontà".
In mezzo alle chiacchiere e alle critiche nei confronti del padrone c'è quella parola: "Io sono buono", che scompiglia ogni logica umana.
È chiaro che istintivamente ognuno di noi si senta solidale con gli operai della prima ora: non è giusto dare la medesima paga a chi lavora molto e a chi poco. Non è giusto, se al centro di tutto metto il denaro e le leggi dell'economia.Ma se mi lascio provocare da questa parabola, se, come Dio, al centro metto non il denaro, ma l'uomo, allora non posso mormorare contro chi intende assicurare la vita di tutti. La parabola c'invita a conquistare lo sguardo di Dio.

Dio dà all'uomo tutto se stesso in un dono gratuito, continuo, fedele, senza limiti; dà tutto il suo amore. E chiede in cambio "solo" l'accettazione del dono. Ognuno è il "preferito" al quale Dio destina il suo denaro di salvezza, cioè l'intera paga, tutto se stesso.
In questa avventura di amore infinito che è la storia della nostra salvezza, la stonatura più grande, il contrasto più evidente, lo sfregio allo splendore della sua Bontà, è l'invidia che possiamo nutrire per questo dono che va oltre ogni merito, rivelando la misura di Dio.
Se l'operaio dell'ultima ora lo guardo con bontà, se lo vedo cioè come un amico, non come un rivale, se lo guardo come mio fratello, non come un avversario, allora gioisco con lui della paga piena, faccio festa con mio fratello e ci sentiamo entrambi più ricchi.
Se mi credo lavoratore instancabile della prima ora, "cristiano esemplare", che dà a Dio impegno e fatica, che pretende la ricompensa, allora sono urtato dalla bontà di Dio. Se invece con umiltà, con verità, mi metto tra gli ultimi operai, allora la parabola mi rivela il segreto della speranza: Dio è buono.

Allora, "ti dispiace che io sia buono?"
No, non mi dispiace, perché quell'operaio dell'ultima ora sono io, Signore, un po' ozioso, un po' bisognoso. No, non mi dispiace, perché spesso non ho la forza di portare "il peso della giornata e il caldo". Vieni a cercarmi anche se si è fatto tardi. Non mi dispiace che tu sia buono. Anzi, sono felice di avere un Dio così. Aiutami a riscoprire che il vero guadagno è vivere di Te, morire per Te, e che è impagabile l'onore di lavorare nella tua vigna fin dal mattino.

(AA.VV.)




Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 20,1-16a. 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. 
Accordatosi con loro per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna. 
Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano sulla piazza disoccupati 
e disse loro: Andate anche voi nella mia vigna; quello che è giusto ve lo darò. Ed essi andarono. 
Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre e fece altrettanto. 
Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano là e disse loro: Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi? 
Gli risposero: Perché nessuno ci ha presi a giornata. Ed egli disse loro: Andate anche voi nella mia vigna. 
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: Chiama gli operai e dà loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi. 
Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. 
Quando arrivarono i primi, pensavano che avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero un denaro per ciascuno. 
Nel ritirarlo però, mormoravano contro il padrone dicendo: 
Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo. 
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro? 
Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te. 
Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono? 
Così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi». 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Accordatosi con loro per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano sulla piazza disoccupati e disse loro: Andate anche voi nella mia vigna; quello che è giusto ve lo darò. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano là e disse loro: Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi? Gli risposero: Perché nessuno ci ha presi a giornata. Ed egli disse loro: Andate anche voi nella mia vigna. Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: Chiama gli operai e dà loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensavano che avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero un denaro per ciascuno. Nel ritirarlo però, mormoravano contro il padrone dicendo: Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te. Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono? Così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi». 

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